Accingersi ad una simile impresa, cioè il parlare di un mulinello che è l'unico mancante all'appello tra quelli citati dalla più importante fonte dell'epoca (il libro "Lanciare" di G.R. Olgiati), e dove il marchio si intravede male sul piede, è una cosa strana e per certi versi poco simpatica, soprattutto se il mulinello in questione è tuo.
Ho avuto questo pezzo pochi giorni prima del Natale 2007, un gradito regalo dal fratello di un amico, il quale l'aveva trovato, mezzo immerso nella melma in riva ad uno stagno, attaccato ad un moncone di canna, durante una pescata.
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Dopo una paziente ripulita inizio ad esaminarlo, e non trovo nessun indizio se non un numero di serie (3) che si ripete, inciso, sulla corona, sulla guida posteriore dell'alberino e sul "semi - dado", ricavato dal pieno in un solo pezzo col carter sinistro, che permette di svitarlo e funge anche da boccola per la manovella.
Pensavo ad un prototipo o ad un mulinello sconosciuto prodotto artigianalmente finché, esaminandolo accuratamente in tutte le sue parti, scoprii il fatidico marchio che, ad onor del vero, si vedeva e si vede tutt'ora male, essendo inciso in modo leggero nella parte anteriore del piede.
Tuttavia, angolando in controluce il suddetto piede, si possono intravedere la M, la A un poco monca, le due Z un poco meglio, mentre la A finale non c'è, o non si vede del tutto perché al suo posto vi è un bollino centrale al piede del mulinello.
Ho mostrato questo pezzo a parecchi collezionisti, amici, familiari, parenti e quant'altro; in ognuna di queste categorie c'è chi è riuscito ad intravedere la scritta e chi no.
Ultimamente, in occasione di una fiera di settore, un nuovo amico collezionista, che non avevo ancora avuto il piacere di conoscere, ha guardato il piede del mulinello riconoscendo senza fatica la suddetta scritta.
Anche questo fatto è stato un po' la molla che mi ha dato la decisione di scrivere questo pezzo.
Il mulinello in questione era già stato descritto a pagina 107 e 108 del quinto volume "Mulinelli da Pesca Italiani" del mio amico Silvano Baraldi, come "probabile primo prototipo Simplex", ma non posso dargli torto perché, onestamente nei suoi panni, non si poteva permettere catalogazioni improvvisate in mancanza di indizi precisi.
Questo pezzo era quindi stato catalogato nel modo più intelligente allora possibile. Ma ora, dopo otto anni di possesso di questo mulinello, ardisco dire e dimostrare si tratti del fatidico Mazza.
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Roberto Granata - Gennaio 2016 |
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