Ho visitato più volte questa interessantissima esposizione suddivisa in quattro sezioni: L’uomo e la vita quotidiana; L’uomo e la trasformazione della materia; L’uomo e la campagna ed infine quella che tratteremo in questo articolo ovvero L’uomo e il fiume.
In questa sezione, trova posto una discreta ma interessante collezione di antichi mulinelli da pesca, tra questi, si trova un singolare prototipo che io ho definito “con pesce”, in quanto sull’oggetto, molto in evidenza ne è raffigurato uno guizzante.
Mi era stata raccontata da qualcuno una strana storia a riguardo di questo esemplare, che da subito mi era sembrata inattendibile pertanto decisi di trascurarla.
Brevemente, mi era stato riferito che l’oggetto era stato realizzato con il materiale trafugato da un rottame di aereo. Partendo dal presupposto che la temperatura di fusione dell’alluminio varia tra 510 e 650°c a seconda della lega. Trattandosi di resti di aeroplano, il materiale utilizzato deve essere stato (avional) lega di alluminio rame manganese e magnesio, quindi dobbiamo ragionare sulla temperatura massima di fusione. E’ indiscutibile che tale operazione non si possa realizzare in un garage, per giunta, alla fine di un conflitto. Ma in ogni caso costruire uno stampo per la fusione non è cosa da tutti, raggiungere le temperature suddette e trattare il metallo fuso (avional) non è affatto facile. Per questi motivi avevo abbandonato l'ipotesi di scrivere un articolo.
Ultimamente ottobre 2015, cercando dei documenti, l’occhio mi è caduto su alcune foto che avevo scattato all’epoca, al mulinello in oggetto, apro il file e le guardo ancora una volta con accresciuto interesse, prendo la decisone, di scrivere al Museo e chiedere informazioni.
In breve tempo, sono stato contattato da Gianfranco Gambarelli, direttore e curatore del Museo, che mi offre la sua squisita disponibilità. Lo informo della indagine che avrei voluto condurre a proposito del prototipo e della storia che mi era stata narrata: con mia grande sorpresa Gianfranco mi conferma la verità dei fatti, e mi promette la documentazione necessaria per procedere alla pubblicazione.
Trascorse due settimane, mi arriva la tanto attesa risposta che riporto integralmente:
Buonasera Renzo,
ho appena intervistato Gino Colombani cl. 1927 il costruttore del mulinello AE024AR. Gino mi ha confermato che ha recuperato l’alluminio del cacciabombardiere Wellington MK X inglese caduto a Pizzighettone nel 1944. Poi con altri tre suoi amici meccanici hanno costruito 4 mulinelli di cui solo tre perfettamente funzionanti. La meccanica l’hanno copiata dal mulinello "Alcedo Atlantic". L’alluminio è stato reso fuso e poi colato nella forma che Gino aveva fatto. Infatti faceva parte del suo lavoro in Pirelli quello di predisporre stampi per poi colare i metalli per la preparazione ad esempio delle giranti delle pompe… Tutti gli ingranaggi in bronzo sono stati fatti da questi meccanici della Pirelli di Pizzighettone. Se vuoi venire a Pizzighettone a fargli un’intervista davanti al suo mulinello in modo che ti spieghi come lo ha costruito è disponibilissimo! Volevo dirti che Gino ha fatto molta fatica a produrre le forme con l’alluminio perché i primi tentativi erano falliti. Basta una piccola bolla che tutto è perso! Ti allego la foto di Gino con il più grosso storione mai catturato dagli anni 60 nella nostra zona. L’ho ha preso nel 1963 quando durante i lavori della centrale di Isola Serafini un tratto di fiume Po che era fuoriuscito nei campi limitrofi, si era poi ritirato lasciando lo storione in una specie di lanca.
Gianfranco
Alla luce di queste informazioni, posso dedurre che il racconto del Sig. Colombani è plausibile in quanto molto probabilmente si sono avvalsi (come da me presagito) delle apparecchiature presenti presso l'azienda per la quale lavoravano. Pertanto hanno potuto eseguire sia una corretta fusione della struttura esterna, che le lavorazioni per realizzare le parti meccaniche del mulinello. L’altra spiegazione (che conforta quanto previsto), è quella riguardante la difficoltà riscontrata nella fusione della lega di alluminio, come pronosticato resta molto complicata nonostante le attrezzature.
Veniamo all’esame dell’esemplare: dalla dichiarazione del Sig. Colombani si legge che la meccanica è stata copiata da un Alcedo Atlantic, molto probabilmente si confonde con qualche altro modello, quello citato è un mulinello enorme con una meccanica molto complessa, mastodontica, certamente non adatta ad un mulinello di piccola taglia. Non avendo la possibilità di esaminarlo, non posso affermare altro. Mi accingo pertanto ad un sommario esame visivo:
il pomo frizione ha una forma (riferito ai mulinelli Italiani) insolita, a memoria non ne ricordo uno simile; la girante è larga e di altezza esigua; l’eccentrico invece è decisamente Italiano, in quanto lo troveremo in diversi altri modelli. Il corpo, piriforme, anch’esso è tipico dei primi mulinelli prodotti in Italia, dagli esperti definito simile allo STARO (mulinello svizzero dal quale pare che discendano). Il gambo del piede, molto sottile, è a sezione ellittica e piegato a 15°; il piede, lunghissimo e stretto, ricorda quello dei Cigno (CarGem), allo stesso modello possiamo accostare anche il pomo della manovella, praticamente identico.